Garbage, a crossroads of nowhere and lost

mercoledì 28 dicembre 2011

Siamo ormai agli sgoccioli... Un nuovo anno sta per incominciare, e natale è già passato portandosi dietro i caotici momenti di ritrovo con parenti vari e non ben riconosciuti.
Io, come sempre, continuo a leggere. 
Ma tra le altre cose ho finalmente preso il coraggio a due mani e mi sono deciso a riprendere la chitarra in mano. Io... spero con tutto me stesso di continuare ad averne voglia. Perché so che se dovessi smettere di nuovo lo farei solamente per pigrizia. 
Non voglio più smettere, mai più. 
Era da oltre un anno che non toccavo lo strumento... e tutte le sacrosante volte che ascoltavo la musica avvertivo la colpa, velata ma onnipresente, che mi ricordava solennemente in cosa mi stessi perdendo. 
E quando la guardavo, lì chiusa nella sua custodia, mi sentivo indifferente. Meno volte di quelle che avrei voluto che fossero sentivo dei rimpianti, nel guardarla. Solo la musica, solo quella bastava per penetrare il muro che mi ero eretto. 
Sarà stato il giro a Torino coi cugini il giorno di natale, saranno state chissà quali cose nel mettermi in testa che forse era il caso di ripartire. 
Oggi l'ho ripresa in mano e con sorpresa mi sono accorto che non ho perso molto. Le dita sono ancora agili, veloci. Il tempo non smussa tutte le cose. 
Certo, qualcosa ho perso. Ma meno di quanto mi aspettassi, sinceramente. Meglio così. 
È stata solo mezz'ora, ma è bastata per capire a che punto mi trovavo.
Molte cose le ricordo suonando e le altre cercherò di recuperarle. Non posso tradire me stesso un'altra volta, non questa. Mi sentirei lo spergiuro della peggior specie se lo facessi.
E poi la musica continua a frullarmi nella testa: di giorno, di notte, agli esami (si, anche nel bel mezzo di una prova scritta), quando leggo, quando parlo, quando sono a lezione, al cinema, con gli amici.
Sempre.
È lì, una presenza costante che mi accompagna.
Ho provato a vivere senza. Ero convinto che non avrei più ricominciato. In alcuni momenti ne ero certo.
Ma ho scoperto che non potrei sopportarlo... la mancanza di quella cosa, è un po' come perdere una parte di se stessi. Ritorni normale, come gli altri comuni mortali. Rammento un aforisma di Beethoven che diceva qualcosa del genere.
A ogni modo, mi pentirei per il resto dei miei giorni se smettessi. So che ce l'ho, che è lì: la capacità di comporre. Sento che ho le qualità per tirar fuori qualcosa di buono.
E questo me lo dicono tante cose... ma ancora non sono convinto, non del tutto. Non veramente.
E dovrò esserlo per arrivare a capire cosa voglio davvero dalla musica.
Tra le altre consapevolezze, una cosa ho capito da subito: ho ancora bisogno di un maestro.
Non lo dico solo per motivi tecnici e culturali ma anche personali. Credo di aver bisogno di qualcun'altro però. Non so se Giovanni sia la scelta giusta.
In passato ci eravamo trovati bene e oso dire che alla fine fossimo quasi amici. Ma temo che non basti.
Ho bisogno di un vero teorico, un maestro, ma che allo stesso tempo non sia un conservatore.
Qualcuno che sappia, ma che sia di larghe vedute. Qualcuno con un background classico (con classico intendo "standard", non per forza il conservatorio) ma che si sia innovato. E soprattutto che sia disposto ad ascoltare lo studente, considerando che non sono un novellino inesperto.
Questa forse è la qualità più importante: dovrà saper ascoltare quello che voglio che mi insegni. E spero da parte mia di non essere troppo patetico e di farmi capire.

Oltre a discorso musicale ci sono anche altri sviluppi da tenere in considerazione.
Gli esami sono alle porte e il periodo lezioni è ormai finito. Automatica l'ho dato, passato e rifiutato (non presentandomi all'orale). Alla fine, credo di aver fatto bene. Tremo però al pensiero di affrontare elettrotecnica che per adesso è più un mistero che altro.
E poi boh... non c'è in realtà molto altro da dire.
Spero di poter organizzare questa stramaledetta vacanza a Corbet, dopo aver dato almeno tre esami con voti decenti. Mi basterebbe questo. Non pretendo di passarli tutti e cinque.
Comunque, sono fiducioso che qualcosa riuscirò a fare. La cosa più dura sarà mantenere le aspettative, in entrambi i contesti (musica e studio).

E devo ammettere che dopo questa decisione mi sono messo in pace con me stesso. Come se mi fossi liberato di un peso che mi portasse a rimuginare e a isolarmi dal resto.
Alla fine, le cose bisogna farsele piacere. Non si può pretendere di avere una passione forte e continua, in ogni istante di vita. Un po', credo, sia lo stesso con l'amore.

E dato che parliamo d'amore, perché non ributtarci sulla Carey?
Oggi sono riuscito, finalmente, ad andare dalla Feltrinelli e a prendere l'ultima uscita, dopo aver riletto tutti i libri precedenti della saga di Imriel. Ho inoltre trovato, con mia sorpresa, e comprato il libro di Sanderson che nominavo nel post precedente, La Via dei Re. Credo che in originale fosse "The Way of Kings".
In effetti dal retro copertina sembra davvero interessante e tra l'altro pare utilizzi un espediente narrativo simile a quello così largamente usato da Erikson, ossia quello di raccontare la storia in modo diretto, crudo e molteplice per mezzo di svariati personaggi che, almeno inizialmente, non hanno niente a che fare gli uni con gli altri. Sono sempre più curioso.
Credo però che inizierò prima con Jacqueline Carey, finché rimane vivida la rilettura.
Sempre alla Feltrinelli ho anche trovato la nuova uscita di Martin. Ahimè, dovrà aspettare.
Sono davvero impaziente di capire come va a finire ma ho così tanto da leggere!
Inoltre, è in un formato troppo diverso dall'edizione economica dei precedenti e stonerebbe.
E poi, non ricordo granché degli altri. Ormai saranno passati due anni dall'ultima volta che lessi un suo libro.
Ed essendo abbastanza complessi come trame e personaggi conviene che li rilegga. Ma ci metterò un secolo a farlo, dato che sono lunghi e molto fitti. Hanno tante descrizioni e dettagli a cui stare attenti.
Sono libri che vanno centellinati ma quel che si legge va seguito con grande attenzione, altrimenti ci si perde buona parte della grandezza di quella che è, a mio parere, una magnifica saga.

Be', questa era la seconda parte delle riflessioni di queste ultime settimane. Non so cosa riserverà il futuro, ma non ho grossi rimpianti e tutto sommato è stato un buon 2011.
Sicuramente il 2012 potrà essere migliore e chissà... magari portare qualche sorpresa gradita o sgradita.
Ma ho come l'impressione che saprò affrontare quei momenti con un'altra serenità che, per buona parte di quest'anno, non ho del tutto avuto.
Spero che sia così.




















sabato 17 dicembre 2011

Ancora libri

Rieccoci qui.
Come in altri casi (non dirò quali, per capriccio), mi trovo a scrivere dopo aver terminato un bel libro. E a chiudere precedenti questioni; spero di ricordarle tutte.

Riprendiamo Sanderson.... Dunque. Credo che in definitiva meriti di essere annoverato tra i miei migliori autori del fantasy. In realtà sono convinto che possa creare qualcosa di ancora più grande.
Del resto l'ambientazione di Mistborn non è così complessa come altre e nemmeno comparabile in termini di grandezza. Ora, non ho la voglia di analizzare libro per libro né ho la memoria necessaria ma ciò che mi ha colpito di più della saga è stata l'idea dell'allomanzia in generale, di come si è evoluta nei libri seguenti e il collegamento (o meglio, l'origine) che ha con il divino.
L'unica cosa che mi ha lasciato un po' confuso è stata nel finale dell'ultimo libro, quando i due protagonisti giungono all'ora fatale (parola dai vari significati, specialmente in questo caso) e ne esce fuori un personaggio che, sebbene fosse importante per la storia, non era certo chi il lettore si aspettava che diventasse; o sarebbe meglio dire "cosa", forse. Ecco, quella parte è davvero singolare e non sono sicuro di averla capita del tutto, intendo personalmente ma anche dal punto di vista dello scrittore.
Comunque è stata una gran bella storia con un finale davvero degno di tanti altri grandi autori. E soprattutto ha qualcosa di ironico circa la condizione umana; ma anche sulla religione e le sue, in fondo, vere divinità (o forse sarebbe meglio dire vera). Chi l'ha letta capirà cosa intendo.
Riguardo i personaggi, li ho trovati davvero fantastici e per una volta non ho avuto nulla da obbiettare sulla scelta di un protagonista femminile. Non che abbia pregiudizi di sesso ma di solito le letture che avevano delle protagoniste non mi avevano soddisfatto completamente, eccezion fatta per la Carey, della quale tra l'altro ho appena finito di rileggere un libro (quello di cui accennavo sopra).
Divagazioni a parte, sono rimasto davvero soddisfatto dell'autore e per di più so che ha pubblicato di recente il suo ultimo libro, che apre una pentalogia (se non sbaglio) del tutto nuova e ambientata in un mondo completamente differente. Secondo FM il libro merita tantissimo tant'è che ha ricevuto il voto massimo.
Staremo a vedere. Obbiettivamente sono un po' scettico sul fatto che Sanderson saprà trovare idee tanto azzeccate quanto brillanti come in Mistborn.
Con questo direi chiusa la parentesi Sanderson, a meno di successive riletture (che avverranno sicuramente) o di traduzioni dei suoi prossimi romanzi.
Attendo anche con ansia il prossimo volume della Ruota del Tempo, dato che l'ultimo si era chiuso in un punto davvero straordinario e cruciale per Rand.

Giacché l'abbiamo nominata, mi sembra doveroso fare alcune considerazioni su Jacqueline Carey, molto discussa scrittrice fantasy. Perché è sempre di fantasy che si parla, a suo modo.
Lo stile, o meglio, il suo mondo e il suo modo di raccontare i fatti sono ricchi di sensualità e di erotismo e spesso è da questi punti fermi presenti in tutti i suoi romanzi che partono le critiche.
In realtà, a me le scene di sesso non disturbano affatto, non nel modo in cui vengono presentate dalla Carey e nel più grande contesto in cui sono poste. Evitando la stupida maliziosità che questo argomento potrebbe suscitare, trovo che l'autrice porti un'idea dell'amore al contempo felice e tragica, mortale e divina, creatrice e allo stesso tempo distruttrice; e in una certa parte direi anche utopica o comunque irrealizzabile nella società in cui viviamo e per la nostra condizione umana.
Questa idea in effetti, per quanto sia bella e apprezzabile, è per gran parte ideale perché parte dal presupposto che, bene o male, tutti gli esseri umani siano belli.
O che comunque ciascuno di noi abbia qualcosa di straordinariamente bello, possa essere anche la voce o la stessa semplicità d'animo. A conti fatti, e lo dice anche l'autrice tramite i suoi protagonisti, "anche un contadino angeline possiede una certa bellezza che tanti mortali non hanno."
Stiamo quindi parlando di una stirpe umana che ha origine da alcuni dei, a loro volta figli di divinità più antiche. Stiamo parlando di Elua e dei suoi Compagni.
Discendendo da questi dei, gli angeline (così vengono chiamati) hanno conservato parte della bellezza divina ed essa viene continuamente trasmessa alle generazioni successive.
Grazie, potrebbe dire qualcuno. Allora si che sarebbe diverso.
Se fossimo tutti belli credo che il mondo andrebbe diversamente. Non so dire come, ma ne sono sicuro.
In ogni caso, Jacqueline Carey rimane per me un'ottima autrice, particolare e affascinante.
Anche perché poi i passaggi erotici non sono gratuiti, nel senso che hanno una funzione precisa per la storia o per la crescita del protagonista. Non avvengono così a caso per attirare il lettore, o la lettrice.
E tralasciando questo lato un po' "scandalistico" rimangono tante cose apprezzabili: una trama bellissima, lunga e coinvolgente; protagonisti (sono tanti) e personaggi ben fatti e davvero credibili, profondi; un mondo  fantastico ma che allo stesso tempo prende origine dal nostro, reinventandolo e ricostruendolo sotto altri aspetti e punti di vista e prendendo allo stesso tempo dettagli eruditi che derivano dalla nostra storia.
Ecco, forse lo scoglio più duro è stato quello di accettare proprio questo. Persino la religione è un po' "scopiazzata" da quella ebraica, ebrea ed europea. Bisogna vedere oltre questi "plagi", che del resto sono così evidenti che si giustificano da soli.
È stata una scelta precisa dell'autrice quella di partire dal nostro mondo e riconformarlo in chiave fantastica.
Perciò lo sforzo che si deve fare consiste nell'evitare di considerare blasfemia quello che all'inizio ci viene presentato. Questo, a parer mio, è il rischio che si corre leggendo i suoi libri.

Basta, la chiudo qui sul tema della lettura. Non vorrei riempire il blog di soli commenti ai libri. Serve anche ad altro. E come ho scritto qualche giorno fa ho tanto altre cose da dire ma... non vorrei buttarle in un unico post. Meritano un loro spazio a parte.
Quando le avrò riordinate spenderò un bel po' di tempo a considerarle e a commentarle... Ma non sarà oggi.

martedì 13 dicembre 2011

Ah... temo di essermi perso di nuovo. Dopotutto un messaggio stiracchiato al mese è troppo poco.
Meglio tardi che mai, comunque.
Ah... quante cose stanno capitando. Questo è uno strano periodo. Devo trovare la concentrazione per riflettere su quanto sta accadendo (fuori e dentro di me) e riprendere le vecchie questioni in sospeso. Per adesso mi limito a condividere un attimo fuggevole di gioia aliena.


Ah... devo trovare la voglia di andare avanti. Se fosse per me mi perderei tra le frivolezze che ci condannano alla nullafancentia così comune a quest'epoca.